Il modello delle fasi del cambiamento di Dr. Ruth Freeman può aiutare i professionisti della salute orale nel loro approccio psico-sociale con i pazienti con disabilità. Fornisce una cornice attraverso la quale è possibile valutare i progressi dei pazienti: dalla mancanza di consapevolezza fino alla motivazione e all’adesione.
La disabilità rappresenta una sfida per i professionisti del settore, ma seguendo regolarmente queste tappe si può raggiungere il successo.
Fase 1: Precontemplazione
La precontemplazione è caratterizzata dalla consapevolezza del paziente riguardo alla necessità di modificare il proprio comportamento verso il dentista. La tecnica utilizzata in questa fase è il colloquio motivazionale, utile per valutare la
disponibilità al cambiamento.
Il medico raccoglie informazioni sulle preoccupazioni, il carico emotivo e la volontà del paziente di cambiare, si informa sulle diagnosi associate e sui farmaci utilizzati, dialoga con i familiari per comprendere le barriere quotidiane e come adattare l’approccio odontoiatrico alle esigenze del paziente.
Fase 2: Contemplazione
In questa fase il paziente con disabilità (soprattutto con moderate difficoltà di comunicazione e interazione) viene maggiormente coinvolto nella conversazione con il dentista.
Quest’ultimo presenta gli strumenti che verranno utilizzati durante la procedura. Lo specchio diventa lo strumento principale: il bambino osserva lo stato della propria bocca, le carie, tocca il dente davanti allo specchio per capire perché deve essere estratto. Attraverso spiegazioni semplici, il dentista lo aiuta a comprendere come i batteri in bocca possano “resistere” all’organismo: il paziente inizia così un processo di riflessione che porta alla consapevolezza e a una lotta attiva contro la batteriologia.
Fase 3: Preparazione
La preparazione migliora la consapevolezza e l’autostima, aumenta la disponibilità al cambiamento e facilita la gestione del comportamento del paziente. Gli viene mostrata la clinica, con fotografie di sorrisi belli e sani. La sala deve contenere illustrazioni che rappresentano bambini prima e dopo le cure: da una parte il dolore, dall’altra il sollievo e il sorriso.
Il team multidisciplinare (dentista, assistente, anestesista, terapista dello sviluppo) può far familiarizzare il bambino con piccoli esercizi, come applicare il dentifricio sulle labbra davanti allo specchio o provare il flusso d’aria dell’airflow, così da abituarlo alle sensazioni dei trattamenti (otturazioni, pulizia, apparecchi ortodontici, ecc.).
Fase 4: Azione
Quando il paziente arriva alla fase di azione, ha risolto il proprio conflitto interiore. È necessario sostenerlo nei primi giorni, poiché il nuovo comportamento è fragile e soggetto a influenze positive o negative. Il medico deve rispettare il protocollo specifico per i pazienti con disabilità, parlando al paziente in prima persona, usando un tono leggermente più alto e diretto, lavorando con pazienza ed empatia. Prima di utilizzare gli strumenti, deve spiegare con parole semplici cosa accadrà.
Fase 5: Mantenimento
Dopo il trattamento, è fondamentale che il paziente segua visite periodiche di controllo. In questo modo si consolida la responsabilità condivisa di mantenere i miglioramenti ottenuti. I bambini con disabilità che raggiungono questa fase beneficiano di interventi più brevi e intensivi, diventano più partecipi nelle sedute successive e accettano il ruolo di sostegno del professionista.
Fase 6: Ricaduta
La ricaduta si verifica quando le strategie di mantenimento vengono meno e riemergono i comportamenti poco salutari. Anche se frequente e vissuta come un insuccesso, questa fase offre l’opportunità di rinegoziare gli obiettivi di salute.
Un implantologo italiano ha illustrato una tecnica domiciliare per prevenire il peggioramento della salute orale: utilizzare uno spazzolino a setole molto morbide, ammorbidirlo in acqua tiepida, risciacquare la bocca con acqua fredda, scegliere un dentifricio dal gusto gradito al bambino (ad esempio frutta) e spazzolare i denti con movimenti rapidi e brevi, senza insistere
troppo a lungo, per evitare fastidi che aumenterebbero la resistenza nelle sedute successive.
La Dr. Ruth Freeman, docente di salute dentale pubblica presso la Scuola di Odontoiatria Clinica di Londra, sottolinea che i professionisti devono conoscere il background psicosociale dei pazienti e comprendere le loro reazioni alle cure ricevute. Secondo lei, il 65% della comunicazione è non verbale nei pazienti con disabilità. I segnali non verbali sono percepiti come più credibili rispetto alle parole, confermando che “le azioni parlano più delle parole”.



